E' stato tutto molto commovente. In questa valle di lacrime, pallettari, corridori e strozzini di errori gratuiti, ogni tanto c'è spazio anche per il tennis. Quello vero, capace di regalare emozioni, garantire spettacolo, con protagonisti che si impegnano per istruire una palla, non solo di violentarla. Il tennis è questo e non solo lo sport di chi ha una racchetta in mano, come ormai da anni siamo stati abituati a vedere. Nella fredda notte di Miami, Tommi Haas, 35 anni e famiglia, ha insegnato a Djokovic, numero uno al mondo, cos'è il vero tennis. Non 48 scambi con annessi due chilometri di zompettate, ma un mix di intelligenza, pochi muscoli, corse forsennate al massimo per arrivare a rete, capacità di saper variare, voglia di prendersi il punto attivamente. E' stata pura poesia per un set chiuso giustamente e meritatamente 6-2. Il lavoro si è poi concluso con un 6-4, giunto proprio quando Djokovic sembrava volesse rinascere. Il ché rende tutto ancora più magico e piacevole.
Non che con questo vogliamo dire che Djokovic sia stupido e non sappia addomesticare la palla, ma visto che anche lui è costretto a giocare sempre il "tennis macchinetta" noioso per arrivare al successo, è bello ogni tanto vederlo lasciare il passo a chi non è mai caduto a compromessi, per cui gioca nell'ombra, ma sempre in modo brillante. Il serbo avrà sicuramente avuto problemi, non sappiamo cosa di preciso e non lo vogliamo sapere, perché è indubbio che tennisti vecchio stampo come Haas, se li mangi a colazione. Non ieri. Alla fine Nole è giunto a rete col sorriso, come sempre succede quando perde. A differenza dei colleghi "big", sarà pure antipatico (?), ma almeno non gli manca la sportività e il rispetto per il buon lavoro dell'avversario. Istantaneo. Non di circostanza in conferenza stampa e dopo tempo. Finto o vero che sia, intanto lo fa ed è qualcosa. Di fronte a questa favola a lieto fine, è quasi un peccato rovinare tutto parlando degli altri disgraziati che hanno passato il turno ieri. Proviamo a fare una cosa veloce e indolore.
Partiamo subito dal prossimo avversario del tedesco ovvero Simon, che ieri ha battuto Tipsarevic al terzo set, nel solito modo: addormentando il match e recuperando. Ma che peccato non averne visto nemmeno un fotogramma! Simon-Haas si giocherà stanotte alle 2. Pensavamo che Nishikori avrebbe potuto dare del filo da torcere a Ferrer, invece è stata una partita molto semplice per lo spagnolo, che ha portato a casa il turno con un netto 6-4 6-2. Per l'iberico ci sarà, udite udite, Melzer. L'austriaco, ormai autore di una buona serie positiva, stava ben pensando di farsi macchiare la scia di vittorie consecutive da un nome che sprizza compassione da tutti i pori, Ramos. Alla fine ha capito che forse era meglio non ridicolizzarsi più del dovuto e ha passato il turno al terzo set, giocando anche molto bene. Che sia rinato? Ce lo dirà Ferrer stasera alle 20.
Arriviamo quindi alla parte bassa di tabellone dove Gasquet ha bulleggiato contro Almagro. E' stato un match dove si è visto poco perché i due giocavano talmente fuori dal campo che l'inquadratura non li prendeva. Scherzi a parte, abbiamo visto il solito psicodramma del francese e la classica stupidità dello spagnolo a confronto. Morale della favola, la gara si è sempre tenuta in parità, risolvendosi al tie-break del terzo. Per fortuna giocheranno domani, perché altrimenti oggi Berdych sarebbe arrivato in campo in pantofole, visto che il suo incontro con Querrey è durato ben poco e si è chiuso con un doppio 6-1. Sinceramente non capiamo più quale sia stato il compito dell'americano agli ottavi di Miami, se non quello di essere il sosia di Neri Marcorè che imita Gasparri o la controfigura di Fozzie Bear per i più piccini.
Arriviamo quindi all'ultimo quarto che vedrà opposti Cilic e Murray. Ebbene sì, il neurone del francese, ancora nel Grandstand con Berdych, non ha fatto a tempo a prendere la navetta per giungere sul centrale e così il fraticello di Medjugorje ha potuto impartire al transalpino la sua benedizione. La condizione di Jo Willy è tragica e nella scatola cranica non c'è più la cellula cerebrale solitaria, ma un vortice con la palla di fieno che rotola. La scelta di tramutare il suo gioco in difensivo, potrebbe essere il miglior epic fail della carriera. Speriamo che la sconfitta con Cilic sia stato motivo di sveglia. Concludiamo dunque col vincitore del torneo: Murray. A niente è servito l'impegno di Seppi per bloccare la pallettarità di Andy. Lo scozzese è arrivato ad essere un Simon all'ennesima potenza, in tutti i sensi, ance nella noia. Corre, prende tutto, rimanda palle morte, aspetta l'errore dell'avversario e gioca a chilometri dalla riga di fondo, tanto che si è lamentato anche dei guardalinee che erano in mezzo. Rendetevi conto che l'out posteriore di Miami è di quasi 10 metri e lui ne voleva 20. E proprio in questo culmine di ignobile splendore, vi annunciamo anche che da lunedì sarà numero due del mondo, in quanto vincerà il torneo.
Siamo proprio rovinati. Dio del tennis, se ci sei ascolta le nostre preghiere: più Haas e meno pallettari. Grazie.
2 commenti:
Mai insonnia notturna fu più propizia e sontuosamente ripagata.
Nel gustare il vostro partecipe resoconto e più in generale sollazzandomi nella celebrazione del bel tennis, solo l'immagine di un Djokovic in qualche misura "costretto" ad un gioco robotizzato mi lascia vagamente stranito...
Astio (mio) personalissimo tralasciando, sulla base di quali alternative squisitamente tecniche il serbo potrebbe confermarsi ai livelli d'assoluta eccellenza delle ultime stagioni?
Stefanello
Dal mio punto di vista Djokovic l'anno scorso non è stato per niente eccellente. Ha chiuso da numero uno, ma solo perché gli altri hanno ceduto. Niente in confronto a quanto fatto nel 2011, dove si era conquistato ampiamente la prima piazza. Alternative tecniche non ne può cercare a stagione inoltrata e non se ne può permettere. Se vuole confermarsi deve fare la macchinetta, per cui c'è poca alternativa tecnica da tirare in ballo, visto che anche gli altri solo una cosa fanno: corrono e picchiano. L'unica cosa che potrebbe fare è ritrovare la sicurezza di rimettere sempre la palla in campo da ogni dove, come nell'anno della gloria. Unica vera caratteristica che gli ha permesso di mettere al tappeto Nadal, non facendolo campare di errori gratuiti. Dopo gli Australian Open del 2012 ha perso questa arma. Se non si dovesse recuperare questo punto di vista, Nadal lo schiaccerà tranquillamente sulla terra, sulla terba e sulla cementerra.
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