E fu così che venne anche il suo giorno. Andy Murray ha vinto l'Us Open, battendo in finale al quinto Novak Djokovic e cancellando quell'avvilente zero dalla casellina degli Slam vinti. Lo ha fatto alla quinta finale, proprio come il suo coach Ivan Lendl, al quale in tanti imputano meriti che noi onestamente fatichiamo a vedere. Ma andiamo con ordine.
La finale, che purtroppo (ma anche no) abbiamo iniziato a vedere solo dal terzo set perché in precedenza siamo rimasti vittime dell'ennesimo sequestro operato nei nostri confronti da ragazze svedesi avvenenti in cerca di facili avventure, si è aperta sul filo dell'equilibrio, con un set, per tanti orrendo (noi non giudichiamo ma ci fidiamo), giocato alla pari e chiuso al tie-break da Murray. Il secondo sembrava quello della svolta definitiva: lo scozzese avanti 4-0 e Nole all'angolo incapace di reagire. KO definitivo? Nemmeno per sogno. Una forma di profonda compassione ha fatto capolino nella testolina di Andy, e Djokovic, un po' per bravura, un po' perché il suo avversario ha iniziato a cullarsi sul vantaggio e pallettare ignobilmente da fondocampo, ha rimontato fino al 5 pari. Qui per il capolavoro del serbo, che sul 6-5 Scozia ha buttato alle ortiche l'impetuosa rimonta cedendo nuovamente il servizio. Genio.
Due a zero Murray, il suo primo Slam sembrava davvero vicino, non fosse che l'errore compiuto nel secondo set di adagiarsi sul vantaggio poteva rivelarsi fatale anche nel resto della partita. Da canto suo invece Djokovic ha dato ampi segni di resurrezione, e nel terzo ha riperto i giochi con un prerentorio 6-2. Murray, affezionatosi oramai ai cartelli pubbliciatari, ai giudici di linea e alle prime file del pubblico, ha continuato a pallettare con gioia anche nel quarto, dove Nole, pronti via, è scappato via subito senza essere ripreso: 7-6, 7-5, 2-6. 3-6 e via al quinto.
A Edimburgo stavano già per allertare un intero reparto dell'International Mental Healt & Psichiatric institute per accogliere in pompamagna Murray, mentre la sua fidanzata Kim dagli spalti navigava ansiosamente su Amazon per acquistare tutta la bibliografia di Freud. L'ennesima sconfitta in una finale di Slam, dopo essere stato avanti due set a zero, sarebbe stata francamente troppo per la testa di Andy, anche se, visto come stava buttando al vento il vantaggio, meritata. E invece.
Doppio break in apertura per Murray e 3-0 pesante; Nole sembra aver finito la benzina. L'angolo scozzese si rianima, Lendl viene svegliato da mamma Judy e inizia a spulciarsi le sopracciglia, Kim annulla l'ordine su Amazon e a Edimburgo le luci del Mental Institute vengono nuovamente spente. Si va sul 4-2, con Nole sempre più a terra che subisce ancora il break. Qui il serbo tenta forse il colpo di genio, un Mto tanto inutile quanto sospetto. Ok, si vedeva che aveva qualche problemino, ma il fisio lo chiami sul 3-0, non sul 5-2 con il tuo avversario che sta per servire per vincere il primo Slam in carriera. Il pubblico fischia, Nole se ne rende conto e reagisce da attore consumato. Ma di tutto questo a Andy non frega un fico secco. Va al servizio con sicurezza, cede solo un punto e chiude il quinto 6-2, conquistando il suo primo, meritatissimo, Slam della carriera.
A quel punto non sappiamo bene cosa sia successo perché pur di non vedere mamma Judy e Lendl festeggiare (quest'ultimo pare abbia addirittura abbozzato un quarto di sorriso) abbiamo cambiato canale, però nelle cronache di oggi abbiamo sentito in tanti, forse troppi, dare meriti a Lendl.
Il gioco di Murray non ci sembra sia cambiato più di tanto, anzi. E se finalmente sono arrivati i successi a nostro avviso lo si deve più al fatto che il suo principale avversario di tanti Slam, Rafael Nadal, è ai box per infortunio. Ok, ai Giochi ha surclassato Federer, ma un solo match, una sola vittoria, non può dirci quanto un giocatore effettivamente sia esploso. Certo, ha cancellato quell'aura di perdente che si era costruito nel corso degli anni, e lo ha fatto con merito, ma prima di considerare Lendl come principale artefice delle recenti vittorie a nostro avviso ce ne corre.
Si chiude così l'Us Open, con i successi di Murray, Serena e del nostro splendido doppio Errani-Vinci. Ora il dramma sarà cosa fare in prima serata, perché nelle ultime due settimane ci eravamo abituati piuttosto bene. Ah, per fortuna a breve c'è la Davis, poi una serie di inutili di tornei fino al Master di fine anno. La stagione, mestamente, si avvia alla sua fase conclusiva. Aiutateci.
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